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Spesso abbiamo sentito il detto: ” Dalle proprie ceneri risorge l’araba fenice ” e le donne che hanno subite violenza fisica, psicologica e morale sanno cosa si intende sia per cenere che per “risorgere”. La consapevolezza per esempio di non essere solo vittime ma artefici della propria rinascita. Capire in tempo che non basta elaborare un lutto, la morte della propria anima, ma salvarne anche solo un brandello da cui ripartire per mostrare cicatrici come fossero tatuaggi e medaglie ricevute dopo aver combattutto mille battaglie. Quella di una ricostruzione facciale, di un’umiliazione profonda a tal punto da non riuscire a denunciarla ed a riconoscerla neppure a se stesse. Quanta strada abbiamo di fronte a noi per risorgere dalle nostre ceneri, dal nostro corpo fatto a pezzi, dalla nostra mente chiusa non in una ma in mille gabbie e luoghi comuni? Non quanta, ma quale è la strada da percorrere? Ognuna delle donne colpite da una guerra di cui non sapevano neppure l’esistenza quella strada la sanno trovare. Ricordo un pacco della Croce Rossa Internazionale giunto in un’infermieria nel 1945 di un campo di concentramento liberato dall’esercito inglese. conteneva solo specchi, rossetti, pettini e spazzole. All’inizio chi lo ricevette pensò fosse uno scherzo ma poi vide cosa le donne sopravvissute a quel massacro avevano scoperto, anzi riscoperto e furono soddisfatti di aver ricevuto quegli oggetti apparentemente inutili. Si pettinavano e si guardavano allo specchio dopo anni, si ravvivavano i capelli e con cura ponevano il rossetto sulle loro labbra, alcune andavano oltre e si dipingevano le guance con il rossetto, un fondo tinta appariscente che permetteva loro di riappropriarsi della femminilità che aveva covato sottto la cenere senza mai essere dispersa del tutto. Gesti quotdidiani che le riportavano alla vita come le donne di oggi che lasciano dietro le loro spalle l’inferno delle violenze subite in casa, per strada, al lavoro, per ritornare ad essere semplicemente le donne che sono sempre state. Rimangono le cicatrici, sono come trofei di guerra da esibire, tatuaggi che le faranno sentire più forti. Ritorneranno al lavoro, guarderanno al futuro, lo faranno con i loro tempi, senza accelerazioni improvvise, solo un moto continuo e regolare verso la ripresa della propria coscienza e della propria vita quotidiana. A queste donne che si svegliano ogni mattina ed eroicamente affrontano un giorno alla volta per ritornare a vivere dedico i miei ritratti.